Il trip di Giovanardi ricomincia dal senato
La notizia «stupefacente», come l’ha definita Fuoriluogo, è che a dirigere i lavori congiunti delle commissioni Giustizia e Sanità del Senato sul provvedimento di conversione in legge del decreto Lorenzin sulle droghe sarà niente meno che Carlo Giovanardi. Non sarà solo, lo affiancherà l’ex responsabile della Salute del Pd, Amedeo Bianco, ma la notizia è risuonata «tragica e comica allo stesso tempo», per usare le parole del presidente di Antigone Patrizio Gonnella, perché «è come mettere Dracula all’Avis». In effetti in molti, dentro e fuori il Parlamento, si chiedono quale sia il reale motivo che ha spinto i presidenti delle due commissioni, Emilia De Biasi del Pd e il berlusconiano Francesco Nitto Palma, a nominare proprio il padrino della legge annullata per incostituzionalità dalla Consulta come relatore del testo approdato ieri a Palazzo Madama dopo essere stato licenziato dalla Camera il 30 aprile scorso col voto di fiducia imposto dal governo. Forse a parziale giustificazione si può prendere l’ipotesi suggerita dal senatore Luigi Manconi che ieri sul Foglio, in un articolo intitolato «Il cerchio si chiude», parlava di un «caso Giovanardi» come un esempio di «dipendenza secondaria» derivante dalla «condizione di burnout» che «affligge coloro che, senza svolgere direttamente un lavoro a contatto — per esempio — con i tossicomani, possono risultare condizionati ossessivamente dalla questione droga, dal discorso intorno ad essa, dall’introiezione nella sfera mentale e psicologica dei suoi effetti».
Ma non è solo, Carlo Giovanardi. Lavora in tandem con la ministra Lorenzin che della sentenza della Consulta avrebbe fatto subito carta straccia rimontando la legge Fini-Giovanardi sul treno del decreto legge, proprio con lo stesso escamotage bocciato per incostituzionalità. E infatti ieri Giovanardi ha spiegato che il decreto legge è «in scadenza, quindi i tempi devono essere rapidi. Ritengo — ha aggiunto però — che si possa approvare così come è, unitamente a un ordine del giorno che chieda al Ministero della Salute di correggere il punto critico riguardo la cannabis naturale arricchita». Eccolo, il suo pallino: «La Camera — afferma il senatore del Ncd – ha resuscitato, di fatto, la legge Giovanardi, confermandone i principi cardine, in primis la concezione del tossicodipendente come malato da curare. Resta solo il problema della marijuana: quella che si usava 20 anni fa poteva esser messa in una tabella a parte, ma quella che si usa oggi, sia naturale che sintetica, è arricchita e presenta un Thc altissimo. Per questo – conclude Giovanardi – non andrebbe inserita in una tabella separata rispetto a droghe più pesanti e pericolose. Spero che il Senato intervenga».
E a riprova che è uomo di lotta e di governo, Giovanardi schiera anche le sue truppe. Ieri, infatti, mentre da più parti si levavano reazioni di sdegno contro l’incarico conferitogli che rappresenta «un ossimoro», come lo definisce FederSerd, o «un insulto in primis alla ragione, poi alla Corte Costituzionale e, in ultimo, alla dignità stessa del Senato», come ha scritto il direttore di Fuoriluogo, Leonardo Fiorentini, in una lettera al presidente dei senatori Pietro Grasso per chiedere un suo intervento immediato e per annunciare un digiuno di protesta a staffetta organizzato da Forum Droghe, alcune comunità “proibizioniste” con in testa San Patrignano si mettevano già sul piede di guerra. La contestazione contro l’attuale testo di conversione parte oggi alle 14 da Piazza Farnese; poi una delegazione tenterà di portare in Senato le pressanti richieste del “movimento”. Le stesse di Giovanardi.
L’esito però non è scontato. Perché se la nomina – mediazione tra il Pd e il Ncd – potrebbe essere “strategica”, per costringere il relatore a mediare a sua volta tra le opposte posizioni rappresentate in Senato, per il Pd, «indietro non si torna», secondo quanto afferma il senatore Giuseppe Lumia, membro della commissione Giustizia. «Si parte dalla sentenza della Consulta — dice — il testo non deve essere peggiorato, e vanno respinti tutti i tentativi di trovare escamotage per far rientrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta».
Purtroppo però, anche se i senatori di Sel bollano la nomina come «pura follia», che «rasenta la provocazione aperta», sarà difficile sentire pronunciare a Palazzo Madama le parole scritte ieri da George Soros sul Financial Times in un articolato fondo intitolato «L’inutile guerra alle droghe che spreca denaro e distrugge vite»: «La proibizione degli stupefacenti ha creato un mercato nero immenso, valutato sui 300 miliardi di dollari». E, scrive Soros, «in tutto il mondo, il 40% dei carcerati è dentro per reati legati alla droga, e la cifra è solo destinata ad aumentare». In poche parole: «La war on drugs è stata un fallimento da mille miliardi di dollari. I governi di tutto il mondo devono valutare i costi e i benefici delle loro politiche attuali, e riorientare le risorse verso programmi che funzionano. I costi del non fare nulla sono troppo grandi da sopportare».
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