La vittoria antiproizionista negli stati USA del Colorado e di Washington è un fatto di portata storica. Si tratta infatti delle prime giurisdizioni al mondo che introducono un regime di regolamentazione legale, tassazione e controllo della marijuana simile a quello riservato all’alcol: “le vittorie in Colorado e Washington sono di portata storica non solo per gli americani, ma per tutti i paesi che discutono il futuro della proibizione della marijuana nei loro paesi”, ha infatti dichiarato Ethan Nadelmann, direttore esecutivo della Drug Policy Alliance. “Questa è ormai una questione “mainstream”, con i cittadini più o meno divisi sulla questione, ma sempre più inclini a favorire una responsabile regolazione della marijuana rispetto a politiche proibizioniste costosi e inefficaci.”
Come commenta la DPA “le iniziative di Colorado e Washington sono state promosse da coalizioni eterogenee che comprendevano le “tradizionali” associazioni dei riformatori delle politiche sulle droghe, le forze dell’ordine, organizzazioni dei lavoratori, avvocati, le principali organizzazioni per i diritti civili e persone provenienti da tutte le parti politiche.” In particolare la campagna nello stato di Washington ha guadagnato forza e legittimità grazie al numero senza precedenti di “endorsement” da parte degli eletti, nonché di ex ed attuali funzionari di polizia.
“La riforma della politica sulla marijuana rimane un tema in cui le persone sono più avanti dei politici”, ha detto Ethan Nadelmann, “ma il risultato nello Stato di Washington dimostra che molti politici stanno cominciando a recuperare il ritardo.” Da segnalare anche il silenzio dei funzionari dell’amministrazione Obama, che due anni fa si era schierato contro la Proposition 19 della California, ma che si è astenuto dall’intervenire quest’anno. “Questo fa ben sperare”, ha dichiarato Nadelmann, “per le prospettive di attuazione delle loro nuove leggi, senza indebite interferenze federali ‘.”
Mai prima d’ora il supporto alla legalizzazione della marijuana è stato così diffuso negli Stati Uniti. L’anno scorso, un sondaggio Gallup ha rilevato per la prima volta che il 50 per cento degli americani è favorevole alla marijuana legale, con solo il 46 per cento di contrari. Il sostegno dell’opinione pubblica è cambiato drasticamente negli ultimi due decenni, e in particolare nel corso degli ultimi cinque anni. La scorsa settimana, l’annuale Rapporto “Uniform Crime” dell’FBI ha certificato come la polizia ha eseguito 757.969 arresti nel solo 2011 per le violazioni riguardo la legislazione sulla marijuana negli Stati Uniti e che l’86% di questi sono stati arresti solo per possesso. Gli arresti per marijuana rappresentano la metà di arresti per droga tutti gli Stati Uniti.
Il paese dove è nata la War on Drugs sembra quindi aver deciso di voltare pagina. L’augurio è che il vento riformatore passi l’atlantico e travolga anche gli ultimi paladini proibizionisti della vecchia europa, che sempre più isolati nel nostro continente spesso si rifugiano dall’”amico” americano per giustificare leggi criminogene e tabelle uniche al grido di “la droga è droga”. Le vittorie di Colorado e Washington dimostrano come sia possibile convogliare su una proposta credibile di regolamentazione delle sostanze, ed in particolare della marijuana, non solo gli attivisti della prima ora ma anche ampie fette della società civile e dell’opinione pubblica e alla fine la maggioranza dell’elettorato.
Fra gli altri referendum da segnalare la vittoria per legalizzare la marijuana per usi medici in Massachusetts, e la Proposition 36 in California, che vuole riformare la famigerata legge dei “three-strikes”: i californiani condannati per la terza volta per un crimine non violento (comprese le violazioni delle normative sugli stupefacenti) non subiranno più automaticamente la pena da 25 anni all’ergastolo prevista per i colpevoli di 3 reati.
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